giovedì 20 giugno 2013

Il basket


Di sicuro non ho il pollice verde.
Di sicuro ho un pollice che più che amico delle piante, è un pollice assassino.

Pietro aveva qualche mese di vita, Tommaso era nel pieno nella sua attività da uragano, le notti erano notti brave, ma bravo bravissimo fortunatissimo per verità la la la la la la la la! Quando mi regalarono una pianta. Bellissima eh per amor del cielo, fortunatissima mica tanto. Dopo cinque giorni, ha iniziato a dare segni di disidratazione più o meno come me  e io invece che aiutarla iniziai un acido dialogo con lei che non le fece certo bene: ue’ bella! A me nessuno mi da’ da bere porgendomi un’anfora come se fossi una divinità greca sdraiata su un lettino. Se vuoi l’acqua ti alzi e te la prendi. Pensa te questa…

Una sera, mio marito entra in casa, butta l’occhio sula pianta e dice: ma nooo! La pianta sta morendo! Giulia ma non le hai dato da bere??!!
Risposta: senti viga, io non riesco a star dietro a tutti in questa casa. 

Quando ce vo’ ce vo’.


Adesso mi hanno regalato altre due piante. Mi hanno detto che se le tenevo fuori sul balcone, vivevano di più, tipo anche tre settimane (una noiosissima eternità). Bene. Son durate in tutto mezza settimana.


Capite che per chi ha vita così piena di cose terra terra, è difficile parlare di argomenti agnostici come il basket.

Se credete che stia qui a spiegarvi le regole del basket, avete capito male. Sciolare.

Però d’altronde parlare dell’America e non menzionare lo sport è come parlare della Gioconda e trascurare il suo sorriso.

Il mio rapporto col basket inizia da piccola quando mia mamma mi ha iscritto in una squadra di basket femminile. Ma dopo un anno dove mi sono allungata zero, ci abbiamo tutti rinunciato.

Per me il campo era enorme, infinito; per i giocatori di basket invece sembra piccolissimo, come girare nel mio bagno. Due passi e arrivano al cesso. Cioè al canestro, scusate.

Il basket è lo sport più praticato d’America. Non ci avevo mai fatto caso ma è così. In ogni parchetto, in ogni angolo ci sono campi da basket liberi, aperti dove puoi portarti i tuoi amici oppure aggregarti al gioco già esistente se sei da solo. Se sei ricco, giochi a basket, se sei povero, giochi a basket. Il basket è ciò che costella il panorama americano. Il basket è un grande sogno. La palla il proiettile.

A Chicago abbiamo la squadra dei Chicago Bulls, famosi in tutto il mondo e scuss s’e’ poco, è dove ha giocato il leggendario Micheal Jordan. Come non ricordare le sue schiacciate?

Tra l’altro nella squadra dei Chicago Bulls ci gioca Belinelli. Un italiano. Belli Belli Bellinelli. E a New York giocava fino a qualche anno fa Danilo Gallinari. Galli Galli Gallinari. Come lo so? Mica leggo articoli sportivi io… mi ci manca solo quello. Un giorno me lo sono ritrovata sull’aereo, in uno dei miei mille viaggi che hanno solcato il cielo facendo Milano New York Chicago - Chicago New York Milano (Alitalia porca di quella palla da basket, fai sto cacchio di volo diretto Busto Arsizio Chicago se no faccio urlare apposta i miei figli sul volo e poi ti spezzo le ali. Tec Tec. Grazie).
Come lo sapevo che era Gallinari? Perché le hostess confabulavano tutte (ah ma hai visto, ah ma è lui, sì sì è lui ah che bel ragazzo ah si hai ragione ah che bello gli italiani in America ah il basket ah il volo ah è lui ma no ma dai ma oh ma ti muovi coi miei biglietti?!?!) e perché era talmente alto che spiccava fra noi umani come un grattacielo costruito in un quartiere sbagliato fatto di casette a schiera. Tipo eco-mostro ma era un eco-bello.

Gallinari, Belinelli e Bargnani sono i tre cestisti (cestisti?!?! Ma dove l’hai presa sta parola?!? Eh oh… si dice così) italiani che giocano nell’NBA (National Basketball Association), la lega professionistica di pallacanestro più importante degli Stati Uniti. Il nostro orgoglio!!

Io il basket non lo seguo. Come nessun altro sport. Non riesco. Sarebbe troppa informazione. Mi accontento del minimo indispensabile e per farlo faccio domande basilari a mio marito. Ma cerco di memorizzare il minimo perché non mi ci sta tutto, e quindi mi concentro al massimo facendo uno sforzo sovraumano, raccatto al volo qualche parola importante tipo Vinto, Perso, Finale, Siamo fuori, le trattengo come un colino quando scoli i funghi e via, lascio andare l’acqua.

Ma io sono andata a vedere i Chicago Bulls. Bellissimo. La prima volta è stato indimenticabile. Ho fatto anche la foto con i giocatori finti a grandezza naturale (la loro). Io ero l’Italia in miniatura.


Quella sera stavamo uscendo di casa e c’era di turno il mio portinaio (doorman) preferito: Dwayne. (Si, lo avete già conosciuto perché ho parlato di lui in Helen, il mio racconto per i vostri figli).

E gli dico:
“Ue Dwayen!! Vado a vedere i Bulls!!!”
COOOOOL. Contro chi giocano?”
“Ehm… non lo so...”
“Ah. Ma a che ora inizia?”
“Ehm … non lo so....”
“Ma sai qualcosa di basket????”
“Si, il terzo tempo. Sai… da piccola mia mamma mi aveva iscritto …”

Lo stadio era un caos di luci, colori, musica, movimento da tutte le parti, cheerleaders con paralisi ai sorrisi, i giocatori che si riscaldano, il campo invaso da telecamere, musica rock a manetta e un mega schermo dove proiettavano tutto!
Poi hanno spento le luci. Buio. Buio pesto (ma il pesto è verde… mah). Entra la mascotte, poi parte la sigla, la presentazione dei giocatori e poi l’inno americano al buio chiedendo a tutti di alzarsi. Che brividi. Sentite qua. Il video è di cinque anni fa, scusate se non stavo ferma ma ero troppo agitata. (quella che grida alla fine indovinate chi è…)




La verità è che pensavo di annoiarmi. E invece ho scoperto che la partita è un contorno! La partita in se’ è una scusa per far divertire il pubblico!! Altro che derby di calcio in cui tu donna non devi fiatare se vuoi parlare vai in un’altra stanza. Lo stadio era casa mia!!! Potevo parlare!! Non era un problema nemmeno se non sapevo contro chi giocavano o il punteggio finale ma l’importante era: mangiare (come sempre), stare in compagnia, battere le mani a ritmo ogni tanto e, se siete come me, la mia speranza non era che vincessero ma di essere inquadrata! Certo perché nelle pause, fanno degli sketch con le telecamere per far divertire il pubblico. Tipo:


1. Viene inquadrata una persona sul grande schermo. Lo scopo è vedere quanto tempo questa ci mette per accorgersi che è inquadrata.
Un signore ci ha messo una vita. Dopo 15 lunghissimi secondi in cui questo guardava per aria e il cronometro prendeva fuoco, la gente ha iniziato ad urlare: OOOOH SVEGLIAAAAA! PRONTO!!!??! Io stavo male dal ridere!
Se si fosse scapperato nel mentre, giuro che mi sarei rotolata per terra!!!

2. La telecamera inquadra quelli mangiano e poi trasmettono il tutto velocissimo al contrario!!!! Per cui si è visto un bambino che masticava, tirava fuori le patatine dalla bocca e poi le dava al padre!!! E il padre gli sorrideva pure!!

3. Oppure, sempre durante le pause, la telecamera inquadra delle coppie. E le due persone inquadrate si devono baciare. Sconosciuti ccompresi. E persone fame pure. Vero Barack?



Se i Chicago Bulls superano i 100 punti, McDonald's regala un BIG MAC a tutti!!!!

E i Bulls? Contro chi giocavano? Ho capito contro chi giocavano, i Clippers, solo perché volevo dirlo a Dwyane!!! Ah si beh poi abbiamo pure vinto!
Tornando a casa, entriamo nel palazzo e vedo Dwayne. Allora alzo le braccia e urlo: YEAHHHHHH!!!! Dwyane!!! Abbiamo vinto!! Oh giocavamo contro i Clippers!!!
E anche lui alzando le braccia urla: YEEEAH! CHICAGO BULLS!!!! GREAT MATCH!!!!

Al che vado lì al banco urlante e il doorman mi da il cinque!!!! GIMME FIVE!!! E dall’euforia, Dwayne si è messo a dare il cinque anche a tre cinesi che stavano cercando di entrare in quel momento ma si sono fermati sbiaditi davanti al circo che stavamo facendo.

EEEEEh che bei ricordi!!!!

Ma il basket un’eredità me l’ha lasciata.
“Nella vita bisogna puntare a qualcosa con quello che si ha. Per cui andiamo.”
Mah.. veramente io questo non l’ho pensato… Stavo più che altro pensando che basket significa cestino. E io sono una grandissima cestista di piante. Mio marito invece è un grande cestista di torte, visto che me ne ha appena bruciata una. Tu che cestista sei?


See ya!

6 commenti:

  1. A parte che il "piccolo" Gallo me lo dovevi salutare essendo un mio conterraneo e avendolo conosciuto al liceo ;) (e mi sentivo un nano...lui in seconda io in quinta e manco alla spalla gli arrivavo)...adoro il tuo blog ma con questo post hai vinto un trillione di punti nella mia classifica (sempre che te ne freghi qualcosa :) )...e pensa che quando è nato si tirava la palla in cestini di pesche, senza buco sul fondo, con un pover'uomo costretto a recuperarla dopo ogni canestro (5 o 6 a partita!!!)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nooooo incredibile!!!! Il mio blog sta diventando Carramba che Sopresa!!!!
      Clex giocavi anche tu nel Casalpusterlengo?!?!?!

      E chi era quel pover uomo?!?

      Ciao Fra!!!!

      Elimina
  2. "Sciolare" è la cosa più geniale di tutto l'articolo....

    Go Juju go Juju go Juju

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahahah! Grazie Checco!
      Non so come mi e' venuto in mente ma il problema e' che adesso lo dico per tutto: sciolare ai figli, al caldo, ai piatti... Sciolare!!!

      A presto!!!!

      Elimina
  3. Adoro leggerti il venerdì durante la mia pausa pranzo, sei pazzesca!! Grandi risate con il tuo pezzo e brividi all'inno in uno stadio come quello... Complice il tuo entusiasmo? ;) See ya..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Leti!!! Troppo gentile, veramente!!!
      Spero non ti vada di traverso il panino!! EHHEHEEHEEEE!
      Ciaoooo!

      Anzi,

      See ya!! (Quando ho letto che hai scritto See ya, il mio cuore ha fatto un saltino! Mitica! Ciao! Anzi, See ya!)

      Elimina