martedì 5 febbraio 2013

IL customer service americano (con la S maiuscola)


Ogni volta che apro un patello che straborda, mi chiedo dove sia finita la mia laurea in lingue. Spero non in un patello.

Se c’è un esame che mi è sempre piaciuto fare è Marketing.
Se c’è un paese dove il marketing è il punto cruciale del business di ogni azienda, è proprio l’America. Meno male sono capitata proprio lì. Cioè qui.


Una delle componenti principali del marketing è il customer service, ovvero, il servizio fornito al cliente quando contatta l’azienda per qualche problema. E se il cliente contatta l’azienda, vuol dire che, come dice mio figlio di due anni quando fa cadere qualcosa, OH OH! E’ successo qualcosa. Oh oh!

Perciò l’azienda, o il negozio in questione, si scervella dal mattino fino alla sera su come migliorare il customer service. Tendenzialmente, la prima arma è mettere a disposizione del personale gentile, simpatico, che si preoccupa di te e del tuo caso etc. per rispondere alle tue domande, aiutarti e perciò non perderti come cliente. Come cantava Peppino di Capri nel ’65: Se mi vuoi lasciare, dimmi almeno perche’! Pa pa pappapaaa.

Ero appena arrivata negli Stati Uniti, era il non-così-lontano 2008, che dopo 3-4 giorni dovevo contattare l’assicurazione medica. “Chiama il customer service” mi dicono. Beh grazie, facile!
Già non capivo cosa dovevo dire io, già non sapevo niente dell’assicurazione sanitaria americana, per di più devo spiegare in inglese il problema e non solo, devo chiamare il customer service!!! E penso: eh sì ciao!!! Figurati se mi risponde qualcuno!!!
“Principiante” direbbe la Giulia di oggi alla Giulia di 4 anni fa.

Diciamo che per me, italiana, fresca di sbarco e abituata agli eccellenti customer service italiani, chiamare un numero di servizio mi sembrava un’impresa che non prometteva bene. Con mio grande stupore invece, dopo una manciata di secondi di attesa mi risponde una tizia tutta gentile e premurosa. Mi saluta, mi dice il suo nome e mi chiede scusa se ho aspettato troppo. TROPPO?? E penso: ma questa è matta… E poi penso: ma questo è un altro mondo. Eh già, è l’altro mondo.

Ma la mia vera lezione l’ho imparata solo poco dopo.

Un aspetto importante del customer service è il return. Ovvero il reso, cioè quando tu compri un prodotto e lo vuoi riportare indietro perché qualcosa non va.
Ecco, io, nei return, sono una vera e propria maestra.
E’ il mio pane (It’s my bread… no, non e’ vero, non si dice così ma ci sta).

Adesso vi racconto.
Dopo qualche mesetto che eravamo arrivati, non va più la luce del comodino. Allora mio marito, con il suo fare ingegneristico, mi dice: “Attolini, sei capace di andare a comprare una lampadina?”
E io: certo! Che ti credi?
E lui: Va bene, vai tu a comprarla domani. Mi raccomando, 40 Watt.

E io: certo! Che ci vuole? 40 Watt.


L’indomani vado al supermercato con un pensiero fisso nella mente: 40 Watt, 40 Watt, 40 Watt… Entro dal mitico Jewel Osco, un supermercato di una catena tipo Esselunga, vado nel reparto lampadine, trovo quella da 40 Watt (credevate che mi ero già dimenticata eh…) ed esco trionfante dal negozio.
Arrivo a casa e le appoggio sul tavolo. Mica mi azzardo a montarle con un marito ingegnere, scherzate???

Alla sera arriva Matteo, vede le lampadine e va subito a montarle. Io ero in salotto che mi gongolavo felice quando ad un certo punto sento gridare: GIULIAAA!!!!
Il tono non era certo dei migliori.
Mi si gela il sangue nelle vene.
E io: sì? (dico deglutendo).
“Le lampadine non vanno bene”.
Oh Oh.
MA COME?!?! Dico quasi piangendo.
Corro in camera cercando le mie alleate di 40 Watt spiegando che erano loro, erano giuste ma il marito mi spiega che le lampadine possono avere basi differenti. Alcune hanno la base piccola e altre la base grossa.
“Riportale indietro”.

E io ribatto: “Sì figurati! Come faccio a riportarle indietro?!? Oramai le abbiamo aperte!!! La scatola è rotta”.

E lui: “Prova”.


Va be’ io ci provo. 



Il giorno dopo mi ripresento da Jewel con lo stato d’animo di una ladra: testa bassa, sguardo colpevole, sacchettino in mano e fare mogio mogio.  Vado al bancone del customer service e spiego tutta la vicenda.

L’inserviente mi guarda, mi ascolta e a metà del racconto mi interrompe e mi dice in modo scontato: So, you wanna do a return? (Quindi, vuoi fare un ritorno della merce?)
Annuisco amaramente e dico: yes.
Tiro fuori scontrino e scatola. Stavo per attaccare con le mie giustificazioni (Sa…40 Watt, marito, ingegnere…) e questo mi chiede senza fare una piega: Do you want your money back or are you going to buy other lightbulbs?
Io lo guardo allibita e gli dico: Ah. Si’. Ne compro altre. Se posso…
E questo: Ok.
Stavo per ribadirgli che la scatola era ormai aperta, se aveva capito bene, quando questo mi dice: Here is your money. Now go and get the right ones. (Tieniti i soldi. Ora va e compra quelle giuste).
Così!!!!
Non vi dico la felicità per lo sbaglio cancellato!!!


Allora sono tornata a casa e l’ho raccontato a tutti! E lo racconto anche oggi!

Quel giorno ho imparato che qui in America il reso della merce viene facilitato il più possibile perché’ la soddisfazione del cliente non solo è importante ma deve essere totale! Dall’inizio alla fine. Per cui, se tu gli accetti della merce che lui ti riporta indietro, il cliente sarà molto soddisfatto e tornerà volentieri nel tuo negozio creando così quella che gli esperti di marketing chiamano loyalty: la fedeltà. Ecco, la fedeltà del cliente alla marca, o al negozio, è quello che ogni azienda brama di più! Cliente fedele, acquisto fedele, flusso costante di cassa che entra nelle tue belle tasche.
Badate bene che qui è così facile riportare quello che compri perché l’americano medio è un gran spendaccione. Non è dotato del concetto del risparmio. Non ce l’ha.

Sta di fatto, che questa mia vittoria sulle lampadine ha scatenato una serie di return a dir poco folli.
Una volta ho riportato del formaggio fresco che era all’aglio e alle erbe. Comprato dal marito, chiaro.
L’altro giorno mio marito ha riportato indietro una pizza surgelata. Al posto che alle verdure, l’aveva comprata al peperoncino messicano e ai fagioli. Terribile. E con tanto amore gli urlo: RIPORTALA INDIETRO!!!
Siccome aveva pagato con carta di credito, il commesso gli dice: the money are back on your bank account. DING!
Forse non era nemmeno più surgelata quando l’ha riportata indietro ma meglio così! Una pizza del genere non dovrebbe neanche esistere!!!

Una volta ho riportato una crema. Era un doposole. Apro la crema, la metto su un braccio, sapeva di un odore terribile. Ok. “No problem”, mi dico. Chiudo la crema. Salgo in macchina, torno al negozio e la riporto. Quando la commessa mi chiede il motivo per cui riportavo indietro la crema, le dico che non mi piaceva l’odore. Che snob, mamma mia! Questa fa le spallucce e mi dice: ok.
Qui è tutto ok.

Una volta ho comprato un paio di pantaloni. Li ho usati per 3 giorni di fila ma mentre li avevo su, notavo allo specchio che mi stavano un po’ troppo larghi. Decido di riportarli indietro. Allora ho ripescato scontrino e cartellino, oramai staccato, sono tornata al negozio e gli ho chiesto: posso cambiarli con una taglia più piccola? E il commesso: Ok. Sure!
Ripeto. Li avevo usati per 3 giorni interi! Non avevano neanche più il cartellino attaccato. E soprattutto. Avevano già preso la forma del mio ginocchio…

Nel corso di questi anni ho istruito decine e decini di parenti, turisti e amici che passavano di qua sul fatto che in America compri, se non ti va, lo riporti indietro. Che la pace sia con te!
Mi è sempre piaciuto vedere le reazioni degli italiani quando comprano qualcosa qui e vengono assaliti dal rimorso e dall’angoscia: “Oh no, ho sbagliato a prenderlo!! Adesso come faccio!?! Me lo devo tenere e ho speso i soldi per niente!”. Allora all’inizio spiegavo, raccontavo i miei episodi, rassicuravo genitori e suoceri, asciugavo lacrime etc. Dopo che loro stessi hanno visto quanto è facile riportare la roba indietro, adesso anche loro, quando sono qui a trovarci dicono: “mah sì compralo, tanto al massimo poi lo riporti”. Con la più calma tranquillità pacifista!!!

Altro che in Italia!! Dove se osi riportare una cosa, la commessa prima di tutto ha già le palle girate, poi ti guarda stizzita ti chiede: “Beh? Cosa c’è che non va?”. E se proprio ti va bene, nel migliore dei casi riesci ad estorcere uno scambio della merce. Compreso di crocifissione in sala mensa. Figurarsi se ti ridanno i soldi.

Ma non è finita qui!

Qualche negozio accetta il reso della merce, non solo a 30-60-90 giorni con lo scontrino, ma a volte anche SENZA scontrino!! Sì! Strappatevi le vesti! Io l’ho fatto! Perché lo fanno? Facile! Perché certi negozi sanno che certe marche le vendono solo loro e quindi ti riprendono tutto. Un bel respiro e via!


Una volta ho provato a riportare dei vestiti che mi avevano regalato per il mio bimbo più piccolo in un negozio che si chiama Target. Target è uno dei miei negozi preferiti. Vendono di tutto, tutto e di alta qualità! Anche Sharon Stone e Madonna vanno a far la spesa da Target.

Purtroppo però questa volta non era così scontato il reso, non ero sicura che avrei portato a casa la pellaccia. Non avevo lo scontrino. I vestiti erano un regalo. Ma io ci ho provato lo stesso perché credo nell’America. O meglio, credo in quello che loro mi dicono e cioè che io, cliente, ho sempre ragione e loro devono fare di tutto per me per darmi il 100% customer satisfaction.
Vado al customer service e dico: “vorrei dare indietro questi vestiti ma non ho lo scontrino. Non potete accettarmeli lo stesso?”
E sapete la commessa cosa mi dice??????
“Certo! Mi può far vedere un documento di identità?
E io: “Sì, ok!”
Le dò la patente e dopo poco mi dice: “la merce costava 15 dollari. Ecco a lei i soldi”.
Ora, quando ho preso in mano quei soldi, la mia mente ha fatto scorrere in un millesimo di secondo tutti i vestiti che ho preso in quel negozio dalla nascita di Tommaso ad oggi. Non so se me li accetterebbero tutti ma un dubbio mi è venuto!

Che dire!

Una volta un mio amico era in fila per riportare una cosa e ha visto una signora prima di lui che riportava delle piante. Morte. Piante morte. Vi rendete conto? Mi raccontava ridendo non solo dell’assurdità della scena, ma anche che questa stordita era lì a spiegare che queste piante erano morte troppo in fretta… E il commesso era li’ ad ascoltare e diceva: Sorry, Sorry.
Uahuhauahaaaahha!
Scusate ma ogni volta che risento questa storia sto male dal ridere.

See ya!

3 commenti:

  1. un'esperienza e una considerazione!
    esperienza: ho riportato una maglietta alla NIKE 2 anni dopo....ho detto 2 anni...non 2 mesi...con scontrino e etichetta attaccatti!! l'hanno accettata e mi hanno ridato i soldi...
    niente "sorry"...ma va bene!!

    considerazione: probabilmente tutto quello che si compra in USA è già stato usato da altri...

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  2. Carissimo Checco, la tua considerazione mi sta rodendo come un tarlo! Mi sa che hai ragione! Vuoi dire che tutto quello che vedo al supermercato potrebbe gia' essere stato comprato e riportato? :) aiutoooo!!!

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  3. perchè hai trovato qualche mela sbucciata, qualche panino a metà? :-)

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