giovedì 18 agosto 2016

Il bus

Stamattina volevo mettere una foto di Tommy al suo primo giorno di scuola.
La classica foto che gli fai fuori di casa, pronto, sorridente (incosciente della lunga giornata). Poi guardavo sta foto e non mi diceva niente. Non mi esprimeva nulla quindi non sapevo perché avrei dovuto fare come tutti e mettere la foto del figlio il primo giorno di scuola di Facebook. Tra l'altro oggi, Tommy iniziava pure il Kindergarten che è l'anno in cui si inizia la scuola vera e propria in America. È l'anno prima della prima elementare.

Un po' di mesi fa abbiamo cambiato casa, quartiere, città, per cui tutto nuovo dagli ultimi due mesi.

Ero convinta di averlo preparato a sufficienza. "Allora la mamma oggi ti porta a scuola, ti lascio giù, non ti posso portare in classe ma la maestra sarà lì pronta ad aspettati. Poi ti vengo a riprendere. Giuro che ti vengo a riprendere. Saremo lì io e Eppo pronti ad aspettarti"
Le stesse frasi ripetute da una settimana. L'illusione di controllare tutto e avete tutto sotto controllo.

Ieri becco la maestra e mi dice che Tommy è stato assegnato al bus numero 3. Le dico che io non ho richiesto il bus e che ho chiesto miliardi di volte questa estate a Tommy se volesse andare a scuola con lo school bus ma mi ha sempre risposto di no. Essendo tutto nuovo, io potevo capirlo. La maestra era d'accordo e le ho detto: magari durante l'anno cambierà idea! Chissà!

Il servizio di bus è compreso nella scuola pubblica americana. Ti passano a prendere i bambini a casa e te li portano a scuola. Finita la scuola, te lo riportano o a casa o alla fermata prestabilita.

Stamattina perciò lo porto a scuola, lo saluto, un po tesa, gli dico che inizierà una grande avventura oggi (chissà se mi è uscita come presagio) e gli ho detto che lui per me è davvero grande. Di non dimenticarselo.
Lo faccio scendere dalla macchina, Gli do un abbraccio e me lo portano dentro nella scuola. Lo vedo allontanarsi e vederlo così da bravo scolaretto entrare nella scuola, senza scenate, docile come un agnellino, capisco che davvero è diventato grande. 

Al pomeriggio, alle 3.20 io e Eppo ci prepariamo, andiamo a prendere Tommy, ci mettiamo in coda alle macchine che aspettano (praticamente devi arrivare davanti a scuola in macchina, i bambini sono fuori che aspettano con le maestre e te li caricano in macchina - penso lo facciano per questioni di sicurezza. Così non c'è via vai di gente che entra ed esce dalla scuola). Va be' comunque, mi metto in coda, perdiamo un buon 10 minuti, finalmente inizio a scorgere il piazzale: bambini che vanno dalle mamme, bambini felici, atmosfera gioviale, bambini che cercano con lo sguardo le macchine che arrivano... Io guardo e scruto bene tutti i bambini. Ma i miei occhi da mamma ci mettono un secondo a scannerizzare tutte le facce e i vestiti dei bambini per individuare subito Tommy. E lì ho provato una sensazione strana: ho capito che Tommy non c'era. Non c'era in quella piccola folla. Ma comunque era impossibile. Doveva essere lì. Dove cavolo poteva essere se no?!
Mi avvicino con la macchina e vedo la tizia responsabile dei "caricamenti figliali" sulle auto e chiedo: "scusi non vedo mio figlio. Tommaso Viganò". 
Mentre glielo chiedo intravedo da lontano la sua maestra e mi tranquillizzo. Eccola. Adesso me lo porterà fuori lei.
La "butta dentro" di turno si gira, va dalla maestra di Tommy e gli dice: c'è la mamma di Tommaso. 
E la maestra, con il tono più naturale del mondo, da lontano mi risponde con una frase che per quanto semplice sia, si è trasformato subito in un incubo agghiacciante, che detta così in quel primo giorno di scuola così solare, così dove tutto andava bene, stonava davvero tanto: 

"I put him on the bus".

Mi ricordo di averla guardata e non aver capito niente. You put him where??? L'hai messo sul bus???? Quale bus?? 
L'ho guardata a lungo senza sapere cosa dire o cosa fare. E poi ha aggiunto: bus Number 3. 

Mi sono sentita rispondere "ok". Come se ci fosse stata un'estranea nel mio corpo che avesse deciso di parlare al posto mio perché evidentemente io stavo naufragando precipitosamente nel panico. Ok.

Ok???? Ho risposto ok.

Ho messo la marcia e mi sono allontanata dalla scuola anche perché dietro avevo una fila di macchine, quindi non potevo stare lì. Ero incredula. Chiamo mio marito, gli racconto tutto e mi dice: 
-respira.
- Eh?
- respira.
- Ah sì. 
- sarà sul bus adesso. Aspettalo a casa. C'è stato un misunderstanding. 

Alla faccia del misuderstanding.

Schizzo a casa, con Eppo dietro che continua a chiedermi:
ma dov'è Tommy?

Arrivo a casa e non c'è. Mi metto ad aspettarlo dove mi sembra di aver capito dai miei vicini di casa dove si ferma il bus. Ma dopo 10 minuti che sono lì, non arriva nessun bus.
Vedo passare sullo stradone decine di bus, ma nessuno che gira nella mia via.
Inizia a prendermi un'agitazione fortissima. Un misto tra panico e pura solitudine con un problema insormontabile. Ma dov'è Tommy?
Ma come si sentirà Tommy?
Scrivo a mio marito: non so nemmeno dove aspettarlo. Non oso immaginare come si senta. 5 anni, il primo giorno di scuola, su un bus che vedrà e si accorgerà che non va subito a casa sua ma che farà giri sconosciuti.

Chiamo la scuola per avere più informazioni. Che cazzo me ne frega di incazzarmi o prendermela con la maestra o la segretaria.  Magari anche per la maestra è stato il primo giorno di scuola. Io voglio solo sapere dov'è Tommy.

La segreteria mi comunica l'intersezione precisa della fermata del bus e che dovrebbe essere lì alle 4pm. Sono le 3.50pm. Manca poco. Contando che ero a scuola alle 3.30, sono 30 minuti di pura assurdità.

Appendo.
Dico a Eppo che dobbiamo aspettarlo lì. Eppo inizia a giocare con delle foglioline e con l'erba. Io non so cosa ho fatto. Guardavo la strada, l'ora, il cellulare, ho pregato per lui, perché stesse bene.

E alle cazzo di sudatissime e inarrivabili 4.15 del 18 agosto 2016, vedo da lontano un bus giallo che gira nella nostra via. Un miraggio. Mi viene incontro e si ferma esattamente all'incrocio.
Si apre la porta. Mi sento svenire. "Ti prego fa che sia lui!!!!!"

Mi avvicino con una agitazione e un tremore imparagonabile a qualsiasi attesa, guardo la porta che si apre con il cuore in gola e lì vedo il mio Tomino scendere bello come il sole, come è stato fatto non da me, scendere gli scalini di quel bus tanto odiato quanto atteso e venirmi incontro. Venirmi incontro come se volesse di corsa venire da me e da nessun altro. Ho sentito le gambe cedermi. Mi sono inchinata davanti a lui, l'ho abbracciato e gli ho detto: Tommy!!!!!! - come non ho mai detto Tommy. 
Scusa! Mi dispiace tantissimo. Io sono venuta a scuola. Come ti avevo promesso. Ero la'. Come ti avevo detto. Ma ti hanno messo sul bus. Mi dispiace tantissimo. Come stai?

Annuiva con la testa. Stava bene. Allora sono andata a parla con la "bus driver".
Salve! Scusi ma hanno messo Tommy sul bus e invece dovevo venire a prenderlo. Io ero là a scuola. 
La signora bionda bella in carne che guidava il bus mi diceva: ecco perché era un po frastornato!!!
E io: eh ma va. taci guarda. Non me lo dire. Io qui sto a morire.

Poi però aggiunge:
Pensi che però, quando stavo facendo il vialone lì, ho girato a destra (perché prima devo fare le fermate della parte a nord e poi le vostre della parte a sud). Ma quando ho girato a destra, Tommy si è alzato in piedi, è venuto da me e mi ha detto (citation): wait! You have to turn left! My house is on the left! There is my house!
E allora questa santa donna che era molto paziente e molto tranquilla, e che infondeva pace anche a me che ero tesa come un cavo della luce, gli ha spiegato al mio Tomino: lo so lo so. Lo so dove ti devi portare. Ma prima devo fare queste fermate, poi arrivo alla tua.  

L'ho ringraziata. Le ho chiesto come si chiamava. Mi ha risposto:
I am miss Julie.
E io le ho risposto: ah! Bello!. Io mi chiamo Giulia.
E lei: perfetto. Così puoi dire a Tommaso che io ho il nome come quello della sua mamma. 

Mi sono sciolta. Geniale. L'ho ringraziata. 

Siamo tornati a casa... Camminavo lenta e pesante, i bambini correvano davanti a me e io ero in uno stato di post-coma. La mia testa aveva girato all'impazzata fino a qualche secondo prima. Pensieri, preoccupazioni, una tensione allucinante.

Mentre cammino sospirando, lenta e sorridendo anche un attimo mi sento improvvisamente stanca. In quel momento, esce la mia vicina, Susan e mi chiede come sto. Le racconto tutto e a momenti scoppio a piangere quando vedo la sua reazione. Quando le dico che avevo scoperto che lo avevano messo sul bus, lei si porta una mano sulla fronte e una sui suoi capelli rossi raccolti e mi dice: oh no... Oh My God. How is Tommy?
Mi ha detto di andare subito da lui e di abbracciarlo tanto.
Così ho fatto. L'ho ringraziata tantissimo. Perché vedere la sua reazione e capire che la mia non era esagerata ma vedere una che capisce davvero cosa vuol dire avere il figlio caricato sul bus il primo giorno di scuola (nuova) quando non doveva esserci, mi ha fatto sentire meglio. Mi ha fatto sentire capita. Ha reagito come se fosse successo a lei. Grande Susan.

Sono tornata in casa e ho detto a Tommy che gli avevo preparato una torta al mattno. Mamma che sollievo vederlo in casa. E sorridente. Gli ho chiesto del bus, gli ho chiesto se aveva avuto paura, gli ho chiesto cosa è successo. Ma mi ha dato le tipiche risposte di un uomo:
Non ho avuto paura, 
Risposte a monosillabi
Spiegazioni vaghe

Ma ha fatto il bis di torta e ha detto a suo fratello se voleva legger un libro con lui. Stava bene davvero.

Ovviamente l'ho abbracciato. Come mai l'ho abbracciato. Scusandomi per la disavventura. E che la
Cosa che mi dispiaceva di più è che gliel'avevo promesso.

In quel momento mi è venuta in mente una frase del film "finding Nemo" dove il padre Marlin dice a Dory: " avevo promesso a Nemo che non gli sarebbe successo mai niente"
E Dory gli risponde:
Hm. That's a funny thing to promise.

Erano settimane che gli parlavo e gli dicevo che sarei stata lì a prenderlo e invece mi girano le carte in tavola e mi girano anche le palle.  Mi dispiace per la promessa non mantenuta ma non posso nascondergli che nella vita è così. Uno cerca di controllare, di fare in modo che nulla succeda, come se tutto fosse suo, pure il figlio, e invece non è così. Quello che posso dirgli è che la mamma ha tenuto fede alla promessa. La mamma era la' ad aspettarlo. Ma a volte le cose non vanno come vogliamo noi e oggi lo abbiamo visto in modo eclatante. Ma Tommy quando il bene trionfa, cacchio se è più forte del male. Guarda l'autista del bus, guarda la Susan che si preoccupa come se fosse successa a lei. E stasera sempre la Susan mi scrive un messaggio chiedendomi: come stai? Se fosse successo a me, il primo giorno di scuola di mia figlia, io sarei un rottame. 
Ho incontrato un altro vicino stasera e al sentire il racconto anche lui si è messo le mani nei capelli e la prima cosa che mi ha chiesto è stata: how was Tommy? How did he react? How was he on the bus?

Per cui mi tengo stretta questa foto Tommino, di te che scendi dal bus giallo come un piccolo eroe, col tuo zainetto e con al collo un cartoncino che dice nome e indirizzo di casa dove tu appartieni. Della tua casa. Questa foto è uno dei sollievi più grossi della mia vita. Oggi sei davvero diventato grande. 
E non hai nemmeno pianto. Come cazzo hai fatto? Io sarei morta a stare su un bus che non ho idea di dove vada e sopratutto che vedo che non va diretta a casa mia. Ma come al solito i figli sono meno ghiande delle madri apprensive come me perché poi prima di andare a letto stasera mi hai detto che il bus ti è pure piaciuto. 

Oggi ho perso 10 anni di vita. Ma guarda Tommy. Va bene così. Perché imparo anche io. Imparo con te. Imparo che non posso controllare questa vita e che c'è molto che ci aspetta. Davvero oggi è stata una grande avventura. Mannaggia a me che faccio il gufo la mattina. 

2 commenti:

  1. I have been waiting for ya !

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  2. F-Italian
    Oh my Goshhhhh!!!! Finally! Ma quanto ho dovuto attendere prima che le tue dita ritornassero a descrivere ciò che il tuo cuore-cervello-fegato-polmoni sentono! Grazzzzie! Spero in un ritorno a breve (breve breve breve, non "breve medio").

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