lunedì 30 ottobre 2017

L'India

Siamo al giro di boa.
10 giorni fa Viga partiva per l’India.
Mancano ancora 5 giorni. Dai che ci siamo!

Io ho fatto di tutto, vi giuro, di tutto per evitare di rimanere da sola con tre figli. Età: 6 anni, 5 e baby di 7 mesi.
Non ci riuscivo neanche a pensare. Non esisteva proprio.
No no no no. Ma proprio scordatelo.

Ho vissuto il mese prima che partisse con l’ansia. Ma non per modo di dire. Ma con Ansia. In persona. Ma proprio del tipo: ciao! Sono Ansia. Sto da te ora. Fissa.
Ecco lei è Ansia. La mia amica. Non ci molliamo mai. Siamo inseparabili.

Ho cercato di muovermi per tempo chiedendo aiuto da nonni nonne zii amici qualsiasi persona che potesse venire ad aiutarmi. Nulla.
Ho messo una X sopra la voce “aiuti dall’Italia”.

Ho vissuto per un mese come se stessi andando al patibolo. La ghigliottina proprio. Vivevo le serate dicendo: Meno 30 giorni alla partenza... aiuto...
Il giorno dopo: meno 29 giorni... . Sarò qua da sola!! Ma come faccio???? 
Il giorno dopo: meno 28 giorni... ma come faccio a fare tutto da sola? 
Il giorno dopo: meno 27... ma le notti? Se non dormo?

Niente placava me e Ansia. Parlavamo solo tra noi due. Ci immaginavamo la fatica che stava per arrivare e insieme ci dicevamo che non era possibile. Non ce l’avremmo fatta. Anzi. Non è che pensavamo e basta. Quelle 2 settimane senza marito le avevamo già vissute TUTTE nella nostra testa. Era impossibile. 
“Saremo morte. Moriremo”. Ecco. Eravamo convinte che questa situazione sarebbe stata la mia morte. Sì. La mia e basta. Perché Ansia dopo la mia morte sarebbe andata a importunare qualcun’altra. Sta trota.

La cosa che fa ridere è che io e Ansia, anche se Viga era ancora presente, non lo consideravamo più. Lui era lì. Ma il pensiero di essere già spacciate era così forte che vivevamo come se lui già non ci fosse più. E se lui osava parlarne, la risposta scattava a molla: no no no tu non capisci. Tu non hai idea di cosa voglia dire far tutto da sola per 16 giorni!! Anzi da sole!!! Ansia e io!!!

Finché ... spinta da Ansia, iniziai a parlare con amici e scoprii un mondo!!!!
Un mondo di persone, di mogli e mamme che, ognuna nel suo piccolo fa già la sua fatica mondiale:

  • c’è quella che tutte le cazzo di settimane ha il marito che parte di lunedì mattina e torna di giovedì sera. Tutte. Le. Cazzo. Di. Settimane.
  • c’è quella che ha il marito che va in trasferta ovunque una settimana sì e una no.
  • c’è quella che ha il marito che le sere, provate a pensare, le sere, non è mai a casa perché fa il musicista.
  • c’è quella che ha passato il matrimonio col marito che due settimane al mese andava in trasferta. Due settimane sì e due settimane no.
  • Poi ci sono due mamme che ho in mente in questo momento che sono provate più di tutte. 

Quando ho iniziato a chiedere e a sentire questi racconti Ansia mi ha lasciato. Se n’è andata prima del previsto non rispettando la scadenza, e al suo posto ha bussato Speranza.
È una grande. È spuntata timidamente, si è fatta avanti in punta di piedi, non con grosso clamore ma con una silenziosa attrattiva.
Perché ho capito, ascoltando queste donne, che ognuno al mondo la sua parte dura, la fa. 
Io, la mia, non la volevo fare. 
Come mi dice sempre mia mamma: uno va in piazza a portare la sua croce dicendo: “Basta! Ne voglio un’altra!” Poi vede quelle degli altri, si ripiglia la sua croce e torna a casa.
Io e Speranza abbiamo pensato perciò che in qualche modo ce l’avremmo fatta. Ed è in questo “qualche modo” che andava scoperto.
Che la forza arriva quando siamo messi alle strette.
Che - come dice Lady Gaga in “One America Appeal” - quando la vita ti spinge sull’orlo, è lì, è lì che è il momento della verità. 
Che noi siamo convinti che la nostra vita ce la possiamo organizzare, controllare, gestire e invece certe volte proprio non si può. 
E così ho iniziato piano piano ad accettare la manata.

Allora mi sono organizzata.
Ho pensato a tutte le possibili malattie che potessero prendere i bambini e prima che partisse, ho spedito viga in farmacia. Di modo che io non dovessi uscire dopo.

Ho fatto una lista dei menu più semplici di modo che non avessi troppo da spadellare. 

Ho avvisato gli amici di chiamarmi per controllare che io fossi viva.

Ho salvato finalmente il numero del pediatra tra i preferiti.

Ho chiamato la protezione civile... quella e' Ansia! Piantala!!!

La sera prima della partenza ero agitata. Non avevo pensato a un particolare. Me.
Ma cacchio.... e se succede qualcosa a me? Ho passato una sera a passare in rassegna alle robe peggiori che mi potessero capitare. Fino a perdere completamente il sonno. Tipo un concentrato di sfighe e malattie rarissime come un film tremendo co-diretto da Stephen King, Hitchcok e Kubrick mesi assieme. Fino a che Viga mi ha detto: a te non succederà niente. 
Ah be’ se lo dice lui....

E così arrivò il giorno della partenza. Mentre Viga chiamava il taxi sono scoppiata a piangere. Mi sono aggrappata al suo braccio e alla sua spalla pregando dentro di me che non partisse. Aggrappandomi a quel braccio come se fosse l’ultima cosa rimasta. L’intensità di quel pianto non la so neanche descrivere. Non ho detto una parola ma dentro di me mi sgorgavano fuori mille domande: ma perché devi partire? Cosa vuol dire che te ne vai? Ma perché? Che senso ha questo tempo in cui devo stare senza di te? A cosa serve? Che ne sarà di me? Chi si prenderà cura di me?

Viga mi ha consolato, mi ha ricordato che nella vita ho avuto prove più difficili di questa. Mentre mi ha detto questa frase, stavo piangnucolando dicendo “non è vero non è ve.... aspe. È vero?” 
Abbiamo parlato di qualche episodio che ho attraversato e poi è dovuto andare. 

Come sta andando?

Beh contando che sono ancora viva e che ho voglia di ridere, direi bene.

Viga è partito nella peggiore delle condizioni: avevo due figli malati su tre. 

Dopo varie scampagnate dal pediatra in giorni diversi, abbiamo scoperto che Tommy si è pigliato lo streptococco e la Matilde l’otite. È stato un week-end da leoni. Al giorno n. 3 ero già sfinita. Grazie al cielo è arrivato il lunedì per cui ... i maschi a scuola!!!

Sono successe molte cose che mi hanno sostenuto:

Ho avuto come l’impressione che in certi momenti non ero io a curare i figli ma erano loro a curare me. 
Come quando Tommy, scendendo le scale per la cena, ha detto a Eppo: Eppo hai spento le luci?
O Eppo che mi dice in inglese: I want to help you wash the dishes. C'era acqua ovunque ma alla fine io ero 'proud' del suo buon cuore.
Avevo detto a Tommy che in questi giorni sarebbe diventato l’uomo di casa perché era il più grande. Non mi ero accorta che Eppo aveva sentito. E così la sera dopo Eppo viene da me e mi dice: mamma tommy è il più grande ma io sono il più forte. Come dire: conta anche su di me echeccacchio! Tommy sarà anche il più grande ma io sono il più forte! 

Perciò, ogni tanto quando ho bisogno qualcosa, uso la tattica del mio amico Bobo: la domanda indiretta. E dico ad alta voce: “cavolo per fare questo avrei bisogno di qualcuno molto forte... chissà se qui in casa c’è qualcuno di così forte che mi può aiutare....” gli si drizzavano le orecchie a modi volpe il giorno dell’apertura della caccia.

Ho fatto due cose molto pratiche di cui vado molto fiera (anche se all’inizio ho tentato di risolverle parlando con Viga su whatsapp - dopo 1 minuto di nervosismo ho capito l’assurdità e me la sono smazzata da sola)
E quindi:
Ho aggiustato lo sciacquone del cesso dei ragazzi. Mado.
Ho sistemato un problema di luci alla mia macchina. Ero talmente euforica di aver fatto ste robe da ingegnere che tutta trionfante ho scritto a Viga un messaggio: mi dovrebbero clonare cazzo.

Una mattina pioveva come Dio la mandava e avevamo dimenticato tutti gli ombrelli da un amico il giorno prima. Ho maledetto la mia dimenticanza ma anche facendo così, non risolvevo la situazione . Non c’era niente da fare. Ragazzi. Cappucci. Amen. Ci bagneremo. Ma se la vita va così, noi facciamo quel che possiamo. 
Sopravvissero comunque.

Poi Sono dovuta andare in farmacia senza ombrello perché la Matilde stava male e non avevo alternative. Al momento di slegarla dal car seat e prenderla in braccio, le ho detto: Matilde, questa è la pioggia.
L’ho tirata fuori dalla macchina portandola con me sotto la pioggia.
Io le sorridevo mentre lei guardava avanti a sé e tutt’attorno sentendo gocce d’acqua caderle sul visino come piccoli spilli freschi. Era lo stupore in persona. Mai avrei pensato che qualcuno potesse stupirsi cosi tanto sotto la pioggia camminando nel parcheggio di un supermercato pieno di pozze d'acqua e grassoni. 

Cose che mi hanno fatto molto ridere e molto accompagnato:

La mia amica Luci:
Avete presente l’amica più dolce che avete? Quella più buona. Quella più pacata, quella più angelica. Ecco. Lei. Mi ha dato un consiglio che mi ha ribaltato.
“Giuli anche a me è successo che Gio andasse via tanto per lavoro. Sai cosa devi fare? La sera, bevi. Ma bevi! Super alcolici, birra...” quando ho detto a Viga di questo consiglio mi ha detto: la Luci???? Inutile dire che sono morta dal ridere e che anche se sono astemia, ci ho provato. Ma zero. Non mi piace proprio. Ma ho seguito l’altro suo consiglio di spararmi una serie tv. 

La mia amica Leti
Mi ha dato una serie di regole essenziali della sopravvivenza (essenziali come lei):
Devi sapere chi chiamare se sei affaticata.
Chiedi. 
Cerca bellezza. 
E compagnia. 
E scrivimi. Lascia azzuffare i ragazzi nella play room e tu vieni a scrivermi. 

Cosa non sarei senza la Leti! 
E poi incredibile abbiamo avuto entrambe la stessa idea della babysitter da chiamare la sera dopocena. Ma i ragazzi sono bravi Leti, quindi non ho mai sentito il bisogno di chiamarla.

La mia amica Euge:
Mi chiama giovedì. Giorno n.6: 
Dai Juju forza che non sei neanche a metà.... 
ma porca &^*# Euge grazie dell’incoraggiamento!!! E giù a ridere.

La mia amica Simo: Brava! Comunque di a Viga da parte mia di non tornare senza un regalo per te! Costoso. 
Simo, ho girato il messaggio.

Il mio amico José: e quindi? Come fai a vivere da sola con tre? Bestemmi? 
Hahahahahahah! Sono morta. Per chi lo conosce, questa e' una grande perla.

Ho visto Tommy uscire in giardino, raccogliere un fiore, entrare in casa e dire: mamma questo è per te. Ce l’hai un vaso?

Ho visto la Matilde esplodere di sorrisi quando vede Viga su Facetime.
Ho sentito Tommy per due mattine di fila dirmi: mamma hai “IL BLU” sotto gli occhi.
Grazie Tommy. Occhiaie comunque. Si chiamano occhiaie.

Ho visto per la prima volta me stessa perdere qualche grammo dei chili delle gravidanze.
Mangiare diventa una grande rottura di coglioni se hai gente che urla, gente che mangia in piedi, gente da imboccare, gente che si alza. No ragazzi. Meglio non mangiare.

Ho fatto fai ai ragazzi il bagno nella Jaccuzzi con tanta di quella schiuma che neanche Julia Roberts in Pretty Woman.

Ho visto una sera Tommy e Eppo che avevano messo su una scuola e insegnavano alla Matilde i continenti con tanto di cartina. "Allora Matilde, this is Asia Minor, Antartica...". E quella ciucciava le calze.. 

Volevo ringraziare Ashton Kutcher per la sua serie The Ranch perché molto dell’umorismo di Rooster è simile al mio. Il top per rilassarsi la sera.

Ora, vi sono ancora molte altre cose che non sono state scritte in questo libro. Ma questo vi basta affinché crediate. In tutto sto scempio di corse e fatiche Ercolane non mi sono mai sentita sola. Non so perché né come ma ciò ha del clamoroso. 

Ultima cosa: tutti mi dicono che mi spetta una bella ricompensa. Come la caramella dolce dopo la medicina amara.
Ci sono molte idee ma quella che mi frulla di più è una notte a Downtown in albergo mega con spa e lusso vari per dormire, mangiare finalmente e gongolarmi. Con shopping annesso. Chiunque fosse interessato a farmi compagnia, si muova. Dai dai!!!

So che il mio amico Marco mi ha detto, come regalo, di farmi portare un tappeto dall’India... rido ogni volta che ci penso... un tappeto... Marco, giuro che se mi arriva il tappeto, vengo a Boston a saccagnarti di legnate!!! 

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