Dunque l’altro giorno, avevo dormito di
notte sì e no 5 ore interrotte.
Ero stanchissima, mi si annebbiava la
vista.
Al pomeriggio, mentre venivano meno le mie
capacità di intendere e di volere, scorgo all’improvviso una cosa che mi
sveglia bruscamente: una macchia rosso sangue sulla mia felpa. Panico.
Il mio cervello inizia a surriscaldarsi di
domande:
CHI sta perdendo sangue?
Chi si è fatto male?
Ma chi sta sanguinando? E da dove? Ma
soprattutto …. DA QUANTO???
Scannerizzo velocemente i miei due
bambini: prima quello piccolo, poi quello grande.
Niente. Non c’è traccia di sangue.
Allora scruto e studio il lattante. E’ a
posto. Vado a perlustrare la bocca di quello grande. Niente.
Ma allora da dove arriva sto sangue???
Decido di interrogare il più grande: ti
sei fatto male? Bibi? Bua? Hurt? Bubu?
Lui mi guarda sconcertato e se ne va.
Mentre sto per togliermi la felpa per
studiare meglio la macchia, mi accorgo che mentre se ne va via, Tommaso cammina
zoppicando trascinandosi una gamba.
ODDIO!!! E ADESSO??
Ma Tommaso ma zoppichi?? Ma cosa sta succedendo?
Cacchio ma non sono vigile per un paio
d’ore e ho un caso di dissanguamento e uno di zoppicamento?!?!
Alla fine non sono riuscita a risolvere il caso.
Alla sera erano
vivi e felici tutti e due. Tommaso non zoppicava più e non ho più riscontrato
altri spargimenti di sangue. Pace. Non è che si può avere sempre tutto sotto
controllo. E’ un’illusione.
Ecco. Questo però è quello che non succederà MAI ad una mamma americana.
Ecco. Questo però è quello che non succederà MAI ad una mamma americana.
La mamma
americana tende LEGGERMENTE all’iper-controllo.
La parola
d’ordine delle mamme americane è: schedule.
Ovvero, il programma. Deve essere tutto programmato. Non esiste l’imprevisto.
A metà gennaio mi arriva una mail di una mamma dell’asilo nido di dove va Tommy che mi chiede se avevo impegni per domenica 3 Marzo. Cosa??? Marzo?? Ma quand’è marzo?!?!!
Non sapevo cosa
risponderle. Io non so se sono viva il giorno dopo e devo sapere cosa faccio il
tre marzo??!?!
La loro borsa è
un arsenale di armi contro il più piccolo innocuo battere. Riescono ad uccidere
anche l’ombra del battere.
Allora cosa
troviamo nella borsa di una mamma americana:
salviettine per
le mani, salviettine per il ciuccio se cade per terra, salviettine per il naso,
salviettine per le chiappe, SCALDA-salviettine (vorrete mica far venire un
trauma a vostro figlio perché le salviettine sono fredde?!?!?! Non sapete
quanti casi di raffreddamento da chiappe gelate da salviettine ci sono negli
Stati Uniti??!?!?), salviettine per le caccole (le ho viste al supermercato,
giuro, sono diverse dai fazzoletti per il naso), igienizzante, contenitore per
salviettine e per finire snack.
La diaper bag e’
la borsa dei pannolini. Gucci ha fatto una borsa apposta per le mamme più chic,
con tantissime tasche. Si ma calma, è esaurita. E’ esaurita come le mamme
americane.
Anche Louis
Vuitton ha fatto la borsa dei pannolini. L’ho vista. Bellissima. Però ragazzi,
se solo mi si macchia di latte o di cacca io rischio l’infarto. A trent’anni.
L’altra parola
d’ordine delle mamme americane quando ci sono più bambini che giocano assieme è:
share. Condividere. Dividere.
Condividere i giochi, la merenda, l’altalena, lo scivolo, tutto, tutto fino
alla morte. Che due maroni!!!
Niente è di
nessuno. La natura dell’uomo, che è quella di possedere le cose, viene negata, viene
annullata.
E invece io cosa
faccio? Il contrario delle mamme americane.
Mio figlio ha due
anni ed è un uragano. Glielo dici tu che i giochi non sono suoi?
Allora quando
vado a queste famose playdate, appuntamenti che ci si da' per far giocare i bambini insieme,prima
chiedevo scusa se mio figlio non sapeva condividere i giochi, adesso mi sono
stufata di chiedere scusa e ho imparato a voler bene ai mio figlio così come è.
Perché io sono la sua mamma. E quindi ho deciso di fregarmene altamente ed
elegantemente le palle se mio figlio non divide i suoi giochi. Perciò dico: “Mi
spiace! Ma mio figlio non sa cosa vuol dire share.
Mio figlio ha due anni, e i giochi, per ora, non li vuole condividere. Suo
fratello non è abbastanza grande perché io gli insegni cosa vuol dire giocare
assieme.” E intanto passo un gioco a Tommaso, gli sorrido, e in italiano gli
dico: Tieni Tommy. E’ tuo”.
Io adesso ogni
volta che sento la parola “share”, mi viene l’orticaria.
Il terzo
comandamento delle mamme americane è: be
gentle. Oh Signore! Ti prego salvami!!!! Allora be gentle vuol dire:
Piano Tommaso non
si tirano le pizze in faccia ai bambini, si danno le carezze. Ecco così… Be gentle.
No Tommaso, non
si tirano i giochi. Be gentle.
No Tommaso, a quanto
pare non si svuota il lego rovesciando la scatola ma tirando fuori i pezzettini
uno a uno. Ecco, bravo! Be gentle
EH??? COSA??? MA
DOVE???
Allora. Non so
voi. Ma se essere bambini è questo, allora
vuol dire che essere bambini è la più grande rottura di scatole del
mondo.
I bambini
americani sono perfettamente disciplinati. Dei cadetti, già dalla culla!
Forse noi
italiani abbiamo nel nostro patrimonio genetico il gene della ribellione.
Nel carrello i
bambini americani sono bravissimi. Fermi. Muti. Immobili. Non parlano. Non
piangono. Non cantano. Non allungano le mani, non fanno niente. Ah si! Ogni
tanto respirano. Sono come i porta-saponi. Fermi immobili. Spesso devo vincere
la mia tentazione di avvicinarmi, senza farmi vedere dalle mamme americane
ovviamente, e con il mio ditino indice andare a tintinnare su questi bambini
per vedere se sono veri TIN TIN.
Mio figlio nel carrello? Uguale. Più o meno.
Non solo non ci
vuole stare, ma se per grazia decide di stare nel seggiolino, so che non durerà
molto. Per cui inizio a spingere il carrello correndo urtando tutto ciò che
incontro e urlando: pistaaa!
Tommaso ha anche
sviluppato l’arte di tirare in dentro le gambe dal carrello, alzarsi in piedi e
gettarsi nelle mie braccia senza aspettare che io sia pronta a prenderlo. Un
mito!
Essere italiani è
una grande fortuna. Voi non vi rendete conto.
Noi siamo
cresciuti con una mamma che ci fa da mangiare. Magari non e’ brava in cucina ma
almeno un’insalata la sa portare a tavola.
Cascasse il
mondo, noi sappiamo che abbiamo tre pasti in famiglia: colazione, pranzo e
cena.
In America spesso
per alcuni no c’è neanche quello.
Un giorno
incontro una mamma al parchetto che offre gentilmente un biscottino a Tommy.
Tommy lo mangia di gran gusto e così gliene offre altri. Ad un certo punto dico
”basta grazie” e la mamma americana mi risponde: ma no si figuri. Guardi. Ho la
borsa piena di snack. “Gulp! Quanti cacchio di snack” penso… e poi aggiunge
“Sa, io e mia figlia non facciamo dei pasti. Noi mangiamo snack tutto il giorno”.
Se qualche nonna è svenuta ed è caduta dalla sedia, tiratela su per favore.
E’ così. Mai
sentita tanta tristezza!!! Ma dove sono finiti quei pranzi seduti a tavola con
la famiglia dove si parla, si mangia, si ride e si continuano a portare pietanze
per far continuare l’allegro convivio?
Oppure.
Noi italiani
siamo nati con una capacità incorporata di vestirci bene. Lo sappiamo come ci
si veste bene. Il mondo non deve venire a spiegare a noi come ci si veste, direbbe la mia amica Noe.
Armani, Prada, Fendi, Versace, Missoni di che nazionalità sono??
Sentite questa.
Un giorno porto
Tommaso ad un piccolo concerto musicale per bambini. Incontro una mamma
americana simpatica con cui scambio due chiacchere. Ad un certo punto noto che
sua figlia ha la calza a maglia ma senza la gonna… Strabuzzo gli occhi ed è
così: quella è una calzamaglia. E la gonna non c'e'. Non sapendo bene cosa dire, butto lì nella
conversazione:
Beh… bei leggins
che ha sua figlia.
Risposta: Vero?!
– dice tutta contenta.
E io: beh… sì… ma
scusi sua figlia ha anche una scarpa rossa e una gialla…
Risposta: sì lo
so. Stamattina le ho detto che poteva vestirsi scegliendo lei i vestiti. Non è
fantastico?
La prossima volta
che incontro i genitori di nuova generazione che mettono al mondo i figli ma
non gli vogliono dare i valori perché se li devono scegliere loro da grandi
aumentando così la loro confusione, gli porterò questo esempio sperando che i
miei figli vadano in giro da grande con ambedue le scarpe dello stesso colore.
Dove danno il
meglio di se’ le mamme americane è senza ombra di dubbio la piscina.
Il concetto di fondo è che la nostra amica mamma americana trema al sol
pensiero che un raggio di sole possa quanto meno sfiorare la pelle del suo
figliolo. E anche a Chicago, dove splendono i meno venti d’inverno, d’estate in
piscina le mamme non si danno pace. Coprono i loro pargoletti con creme di
altissima protezione. Solamente dalla 50 in su. Per cui invece che abbronzarsi,
con l’andare dell’estate i bambini americani si sbiancano. A settembre sono dei
cadaveri.
Se invece, non sono cosparsi di quello strato spessissimo bianco dove
fuoriescono solo gli occhi, le mamme decidono di mettergli su, proprio perché
siamo in pieno agosto, delle magliette, a maniche lunghe ovviamente. In testa
hanno rigorosamente il cappello. E non solo. Gli mettono in testa un cappello
incorporato di una veletta dietro di modo che va a coprire il collo così che
non si brucia il coppino. Modello safari in Kenya.
Da ultimo, costume lungo fin sotto le ginocchia.
Dunque, quando arrivo in piscina io non vedo dei bambini. Vedo delle
palandrane ambulanti con nascosti dentro dei bambini.
Mio figlio invece è il tipico tipo da spiaggia italiano: bello, con qualche
muscoletto, capelli al vento e abbronzato. Il segno del costume noi ce lo
portiamo fino a dicembre. E se provo a mettere su il cappello a Tommaso in
piscina, lui si ribella, se lo toglie e lo lancia via.
E io tiro un sospiro di sollievo: Fiu…. Meno male, è normale!!! E' italiano.
Quando torni in Italia mi devi portare le salviettine per le caccole... Non ci credo...
RispondiEliminaAffare fatto! Prima ti faccio la foto! Poi te le porto in Italia quando arriviamo quest'estate!!
RispondiEliminaAh ah ah tutto vero... Comunque me l'hanno spiegata la storia del "be gentle". Secondo gli esperti non puoi dire continuamente no al bambino se no cresce in un mondo negativo e diventa una persona negativa con anche un vocabolario piu' limitato (studi dimostrano). Inoltre, dopo la 157sima volta che gli dici di no in 2 ore, non ti ascolta piu'. Allora gli devi "dire di no senza dire di no": invece di "non tirare la sabbia negli occhi, non rompere i giochi, non strozzare tuo fratello" la giri in positivo e gli dici "be gentle".
RispondiEliminaSecondo me anche dopo il 157simo "be gentle" non ti ascolta piu', pero' almeno avra' un vocabolario piu' ricco... E per questo obiettivo le mamme americane sono pronte a tutto.
In alternativa a "be gentle" le mamme al parchetto dicono anche "we don't throw sand". Noi non tiriamo la sabbia, noi non picchiamo, noi non diciamo parolacce. Ogni volta che lo sento immagino me stessa mentre urlo alle mie figlie, con tutto il fiato che ho nei polmoni: "NOI NON URLIAMOOOOOO!!!" e mi scappa da ridere.
RispondiEliminaPero' a pensarci bene anche dargli una sberla sulla mano e dirgli "Non si picchiano i bambini" non e' proprio il massimo della coerenza...
Carissima Cate!!! Lo sapevo che mi avresti illuminato con la tua lunga esperienza!!!!!
RispondiEliminaComunque e' vero, devo dire che noi mamme italiane diciamo sempre no no no no NO! Invece oro sono più propositive. Anche se a volte fanno un po' ridere! Il fatto che usano il "noi" e' verissimo!
Grazie e ciaooo!!!
aaaaaaa MUOIO dal ridere! e sono fiera di avere un figlioletto ITALIANISSIMO :)
RispondiEliminaGrande Giu!
Bacio
Maddi Testa
Ahhaaahha Maddi sono contenta che ti sei divertita!!!! Adesso arriva la stagione delle piscine... potrei documentare tutto con foto!! Saluta il Fra!! Ciaoooo
Eliminal' alimentazione sana e' una gran cosa, ma l'abitudine dei "pranzi a tavola" crescendo puo' diventare soffocante, per cui se hai la sfortuna di avere superato I 30 anni, vivi in casa e dici a tua madre "Siccome sono indietro con lo studio/lavoro magari non scendo per cena e mi preparo io qualcosa quando ho finito" si vedono scene di panico. Magari loro non si siederanno spesso a mangiare tutti allo stesso tavolo, ma quando lo faranno forse saranno piu' contenti e non si roderanno Il fegato per dover fare TUTTI I santi giorni una cosa che non gli va.
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