Ogni volta che
apro un patello che straborda, mi chiedo dove sia finita la mia laurea in
lingue. Spero non in un patello.
Se c’è un esame
che mi è sempre piaciuto fare è Marketing.
Se c’è un paese
dove il marketing è il punto cruciale del business di ogni azienda, è proprio
l’America. Meno male sono capitata proprio lì. Cioè qui.
Una delle componenti principali del marketing è il customer service, ovvero, il servizio fornito al cliente quando contatta l’azienda per qualche problema. E se il cliente contatta l’azienda, vuol dire che, come dice mio figlio di due anni quando fa cadere qualcosa, OH OH! E’ successo qualcosa. Oh oh!
Una delle componenti principali del marketing è il customer service, ovvero, il servizio fornito al cliente quando contatta l’azienda per qualche problema. E se il cliente contatta l’azienda, vuol dire che, come dice mio figlio di due anni quando fa cadere qualcosa, OH OH! E’ successo qualcosa. Oh oh!
Perciò l’azienda,
o il negozio in questione, si scervella dal mattino fino alla sera su come
migliorare il customer service. Tendenzialmente,
la prima arma è mettere a disposizione del personale gentile, simpatico, che si
preoccupa di te e del tuo caso etc. per rispondere alle tue domande, aiutarti e
perciò non perderti come cliente. Come cantava Peppino di Capri nel ’65: Se mi
vuoi lasciare, dimmi almeno perche’! Pa pa pappapaaa.
Ero appena
arrivata negli Stati Uniti, era il non-così-lontano 2008, che dopo 3-4 giorni
dovevo contattare l’assicurazione medica. “Chiama il customer service” mi
dicono. Beh grazie, facile!
Già non capivo cosa
dovevo dire io, già non sapevo niente dell’assicurazione sanitaria americana,
per di più devo spiegare in inglese il problema e non solo, devo chiamare il
customer service!!! E penso: eh sì ciao!!! Figurati se mi risponde qualcuno!!!
“Principiante”
direbbe la Giulia di oggi alla Giulia di 4 anni fa.
Diciamo che per
me, italiana, fresca di sbarco e abituata agli eccellenti customer service
italiani, chiamare un numero di servizio mi sembrava un’impresa che non
prometteva bene. Con mio grande stupore invece, dopo una manciata di secondi di
attesa mi risponde una tizia tutta gentile e premurosa. Mi saluta, mi dice il
suo nome e mi chiede scusa se ho aspettato troppo. TROPPO?? E penso: ma questa è
matta… E poi penso: ma questo è un altro mondo. Eh già, è l’altro mondo.
Ma la mia vera
lezione l’ho imparata solo poco dopo.
Un aspetto importante
del customer service è il return. Ovvero il reso, cioè quando tu compri
un prodotto e lo vuoi riportare indietro perché qualcosa non va.
Ecco, io, nei return, sono una vera e propria maestra.
E’ il mio pane (It’s my bread… no, non e’ vero, non si
dice così ma ci sta).
Adesso vi
racconto.
Dopo qualche
mesetto che eravamo arrivati, non va più la luce del comodino. Allora mio
marito, con il suo fare ingegneristico, mi dice: “Attolini, sei capace di andare
a comprare una lampadina?”
E io: certo! Che
ti credi?
E lui: Va bene,
vai tu a comprarla domani. Mi raccomando, 40 Watt.
E io: certo! Che ci vuole? 40 Watt.
L’indomani vado
al supermercato con un pensiero fisso nella mente: 40 Watt, 40 Watt, 40 Watt…
Entro dal mitico Jewel Osco, un supermercato di una catena tipo Esselunga, vado
nel reparto lampadine, trovo quella da 40 Watt (credevate che mi ero già dimenticata
eh…) ed esco trionfante dal negozio.
Arrivo a casa e le
appoggio sul tavolo. Mica mi azzardo a montarle con un marito ingegnere,
scherzate???
Alla sera arriva
Matteo, vede le lampadine e va subito a montarle. Io ero in salotto che mi
gongolavo felice quando ad un certo punto sento gridare: GIULIAAA!!!!
Il tono non era
certo dei migliori.
Mi si gela il
sangue nelle vene.
E io: sì? (dico
deglutendo).
“Le lampadine non
vanno bene”.
Oh Oh.
MA COME?!?! Dico
quasi piangendo.
Corro in camera
cercando le mie alleate di 40 Watt spiegando che erano loro, erano giuste ma il
marito mi spiega che le lampadine possono avere basi differenti. Alcune hanno
la base piccola e altre la base grossa.
“Riportale indietro”.
E io ribatto: “Sì figurati! Come faccio a riportarle indietro?!? Oramai le
abbiamo aperte!!! La scatola è rotta”.
E lui: “Prova”.
Va be’ io ci provo.
Il giorno dopo mi ripresento da Jewel con lo stato d’animo di una ladra: testa
bassa, sguardo colpevole, sacchettino in mano e fare mogio mogio. Vado al bancone del customer service e spiego
tutta la vicenda.
L’inserviente mi
guarda, mi ascolta e a metà del racconto mi interrompe e mi dice in modo
scontato: So, you wanna do a return? (Quindi,
vuoi fare un ritorno della merce?)
Annuisco
amaramente e dico: yes.
Tiro fuori
scontrino e scatola. Stavo per attaccare con le mie giustificazioni (Sa…40
Watt, marito, ingegnere…) e questo mi chiede senza fare una piega: Do you want your money back or are you going
to buy other lightbulbs?
Io lo guardo
allibita e gli dico: Ah. Si’. Ne compro altre. Se posso…
E questo: Ok.
Stavo per
ribadirgli che la scatola era ormai aperta, se aveva capito bene, quando questo
mi dice: Here is your money. Now go and
get the right ones. (Tieniti i soldi. Ora va e compra quelle giuste).
Così!!!!
Non vi dico la
felicità per lo sbaglio cancellato!!!
Allora sono tornata a casa e l’ho raccontato a tutti! E lo racconto anche oggi!
Quel giorno ho
imparato che qui in America il reso della merce viene facilitato il più
possibile perché’ la soddisfazione del cliente non solo è importante ma deve essere
totale! Dall’inizio alla fine. Per cui, se tu gli accetti della merce che lui
ti riporta indietro, il cliente sarà molto soddisfatto e tornerà volentieri nel
tuo negozio creando così quella che gli esperti di marketing chiamano loyalty: la fedeltà. Ecco, la fedeltà
del cliente alla marca, o al negozio, è quello che ogni azienda brama di più!
Cliente fedele, acquisto fedele, flusso costante di cassa che entra nelle tue
belle tasche.
Badate bene che
qui è così facile riportare quello che compri perché l’americano medio è un
gran spendaccione. Non è dotato del concetto del risparmio. Non ce l’ha.
Sta di fatto, che
questa mia vittoria sulle lampadine ha scatenato una serie di return a dir poco folli.
Una volta ho
riportato del formaggio fresco che era all’aglio e alle erbe. Comprato dal
marito, chiaro.
L’altro giorno
mio marito ha riportato indietro una pizza surgelata. Al posto che alle
verdure, l’aveva comprata al peperoncino messicano e ai fagioli. Terribile. E
con tanto amore gli urlo: RIPORTALA INDIETRO!!!
Siccome aveva
pagato con carta di credito, il commesso gli dice: the money are back on your bank account. DING!
Forse non era
nemmeno più surgelata quando l’ha riportata indietro ma meglio così! Una pizza
del genere non dovrebbe neanche esistere!!!
Una volta ho
riportato una crema. Era un doposole. Apro la crema, la metto su un braccio,
sapeva di un odore terribile. Ok. “No problem”, mi dico. Chiudo la crema. Salgo
in macchina, torno al negozio e la riporto. Quando la commessa mi chiede il
motivo per cui riportavo indietro la crema, le dico che non mi piaceva l’odore.
Che snob, mamma mia! Questa fa le spallucce e mi dice: ok.
Qui è tutto ok.
Una volta ho comprato
un paio di pantaloni. Li ho usati per 3 giorni di fila ma mentre li avevo su,
notavo allo specchio che mi stavano un po’ troppo larghi. Decido di riportarli
indietro. Allora ho ripescato scontrino e cartellino, oramai staccato, sono
tornata al negozio e gli ho chiesto: posso cambiarli con una taglia più
piccola? E il commesso: Ok. Sure!
Ripeto. Li avevo
usati per 3 giorni interi! Non avevano neanche più il cartellino attaccato. E
soprattutto. Avevano già preso la forma del mio ginocchio…
Nel corso di
questi anni ho istruito decine e decini di parenti, turisti e amici che
passavano di qua sul fatto che in America compri, se non ti va, lo riporti
indietro. Che la pace sia con te!
Mi è sempre
piaciuto vedere le reazioni degli italiani quando comprano qualcosa qui e
vengono assaliti dal rimorso e dall’angoscia: “Oh no, ho sbagliato a prenderlo!!
Adesso come faccio!?! Me lo devo tenere e ho speso i soldi per niente!”. Allora
all’inizio spiegavo, raccontavo i miei episodi, rassicuravo genitori e suoceri,
asciugavo lacrime etc. Dopo che loro stessi hanno visto quanto è facile
riportare la roba indietro, adesso anche loro, quando sono qui a trovarci
dicono: “mah sì compralo, tanto al massimo poi lo riporti”. Con la più calma
tranquillità pacifista!!!
Altro che in
Italia!! Dove se osi riportare una cosa, la commessa prima di tutto ha già le
palle girate, poi ti guarda stizzita ti chiede: “Beh? Cosa c’è che non va?”. E se
proprio ti va bene, nel migliore dei casi riesci ad estorcere uno scambio della
merce. Compreso di crocifissione in sala mensa. Figurarsi se ti ridanno i
soldi.
Ma non è finita
qui!
Qualche negozio
accetta il reso della merce, non solo a 30-60-90 giorni con lo scontrino, ma a
volte anche SENZA scontrino!! Sì! Strappatevi le vesti! Io l’ho fatto! Perché
lo fanno? Facile! Perché certi negozi sanno che certe marche le vendono solo loro
e quindi ti riprendono tutto. Un bel respiro e via!
Una volta ho provato a riportare dei vestiti che mi avevano regalato per il mio
bimbo più piccolo in un negozio che si chiama Target. Target è uno dei miei
negozi preferiti. Vendono di tutto, tutto e di alta qualità! Anche Sharon Stone
e Madonna vanno a far la spesa da Target.
Purtroppo però
questa volta non era così scontato il reso, non ero sicura che avrei portato a
casa la pellaccia. Non avevo lo scontrino. I vestiti erano un regalo. Ma io ci
ho provato lo stesso perché credo nell’America. O meglio, credo in quello che
loro mi dicono e cioè che io, cliente, ho sempre ragione e loro devono fare di tutto
per me per darmi il 100% customer
satisfaction.
Vado al customer service e dico: “vorrei dare indietro
questi vestiti ma non ho lo scontrino. Non potete accettarmeli lo stesso?”
E sapete la
commessa cosa mi dice??????
“Certo! Mi può
far vedere un documento di identità?
E io: “Sì, ok!”
Le dò la patente e dopo poco mi dice: “la merce
costava 15 dollari. Ecco a lei i soldi”.
Ora, quando ho preso in mano quei soldi, la mia
mente ha fatto scorrere in un millesimo di secondo tutti i vestiti che ho preso
in quel negozio dalla nascita di Tommaso ad oggi. Non so se me li
accetterebbero tutti ma un dubbio mi è venuto!
Che dire!
Una volta un mio
amico era in fila per riportare una cosa e ha visto una signora prima di lui
che riportava delle piante. Morte. Piante morte. Vi rendete conto? Mi
raccontava ridendo non solo dell’assurdità della scena, ma anche che questa
stordita era lì a spiegare che queste piante erano morte troppo in fretta… E il
commesso era li’ ad ascoltare e diceva: Sorry, Sorry.
Uahuhauahaaaahha!
Scusate ma ogni
volta che risento questa storia sto male dal ridere.
See ya!
un'esperienza e una considerazione!
RispondiEliminaesperienza: ho riportato una maglietta alla NIKE 2 anni dopo....ho detto 2 anni...non 2 mesi...con scontrino e etichetta attaccatti!! l'hanno accettata e mi hanno ridato i soldi...
niente "sorry"...ma va bene!!
considerazione: probabilmente tutto quello che si compra in USA è già stato usato da altri...
Carissimo Checco, la tua considerazione mi sta rodendo come un tarlo! Mi sa che hai ragione! Vuoi dire che tutto quello che vedo al supermercato potrebbe gia' essere stato comprato e riportato? :) aiutoooo!!!
RispondiEliminaperchè hai trovato qualche mela sbucciata, qualche panino a metà? :-)
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